“RAPPERSWYL! Nome caro ad ogni cuore polacco…” – scrisse nell’anno 1906 giornalista italiano Oreste Ferdinando Tencajoli sulla rivista italiana “EMPORIUM”. Purtroppo, da qualche anno il Museo sta affrontando molte difficoltà, il suo futuro non è più sicuro – ne parla il filmato di Waldemar Stankiewicz intitolato “Aquila Polacca di Rapperswil” (“Polski Orzeł z Rapperswilu”), presentato in Televisione Polacca maggio scorso (il filmato è disponibile solo in lingua polacca).
L’articolo originale di O.F. Tencajoli intitolato “Il Museo Nazionale Polacco di Rapperswyl” è consultabile sul sito www.artivisive.sns.it
Agata Rola-Bruni
“EMPORIUM” (Gennaio 1906 Vol. XXIII N. 133)
IL MUSEO NAZIONALE POLACCO DI RAPPERSWYL
RAPPERSWYL! Nome caro ad ogni cuore polacco: questa cittadina linda e pittoresca, posta sulle rive amene del lago di Zurigo, da circa sette lustri ospita uno splendido Museo Polacco, insediato nello storico castello, già degli Asburghi, che, maestoso dalla sommità della collina, domina la città sottostante e per lungo tratto il lago impeccabilmente azzurro.
Il patriottismo eccelso di una generazione di emigrati trasformò quelle torri massiccie, un tempo emblemi di feudalismo, in un santuario di memorie sacre al culto della patria smembrata e della libertà.
Il Museo Nazionale Polacco – istituzione eminentemente patriottica – venne fondato nel 1869 da un illustre esule, dimorante nei dintorni di Zurigo, il conte Ladislao Plater de Broel, che, con felice idea, decise di acquistare il castello, per raccogliervi tutti gli avanzi della passata grandezza della Polonia, sua patria, giacenti dispersi e sconosciuti all’estero.
Il castello era però in uno stato così deplorevole di conservazione, che l’idea a tutta prima pareva quasi impossibile ad effettuarsi. Appena se di sì grandioso edificio pochi locali erano servibili: dappertutto muri in rovina, mucchi di rottami nei corridoi e nei cortili: l’incuria ed il tempo avevano compiuta la loro triste opera di distruzione.
Il comune di Rapperswyl, su proposta del sindaco dott. Curti, non potendo venderlo senza il consenso dello Stato, lo cedette volentieri per la durata di 99 anni al conte Plater, con atto notarile del 18 luglio 1869, mediante il tenue pagamento di un canone annuo di L. 100, restando a suo carico tutte le spese non indifferenti di restauro e di abbellimento.
Le cose però si presentavano molto male in principio: le spese di restauro e di adattamento erano grandi ed i luttuosi avvenimenti della guerra franco-prussiana distoglievano gli animi dall’occuparsi di questa nuova istituzione.
La costanza e l’energia del nuovo proprietario riuscirono a sormontare tutte le difficoltà, ed il castello, intieramente restaurato nel primitivo stile, risplendette per grandiosità e magnificenza d’insieme: oggi è uno dei più belli monumenti d’architettura medioevale – di cui è ricca la Svizzera – e la piccola città di Rapperswyl, centro fulgido d’attrazione pei Polacchi e per gli amici della Polonia, è divenuta, dopo la fondazione del Museo, uno dei luoghi più frequentati dai turiste.
Frattanto il conte Plater, con atto solenne del 23 settembre 1871, l’offriva in omaggio e come proprietà nazionale intangibile alla Polonia, e per essa ai rappresentanti polacchi dei Parlamenti di Vienna e di Berlino, sotto la cui protezione si trova oggi.
Né la generosità del donatore s’arrestò qui: egli dotò inoltre il castello di una discreta somma, e nello stesso anno si fondò il Museo attuale, depositandovi subito preziosi oggetti di sua proprietà.
Tutta la Polonia e l’emigrazione applaudirono alla generosa splendida offerta del loro compatriotta, e tosto numerosi doni affluirono al castello.
Ricordi storici d’ogni genere, stampe, quadri, armi antiche, medaglie, monete, manoscritti preziosi, fra i quali molti autografi di Kosciuszko, di Mickiewicz, di Krasinski, di Lelewel, di Kra[s]zewski, ecc., senza contare i libri che costituiscono una importante biblioteca di oltre 45 mila volumi di opere, in tutte le lingue, per la maggior parte riguardanti la storia nazionale.
Fra i generosi oblatori noto il principe Ladislao Czartoriski, che regalò una bellissima e rara collezione d’armi antiche polacche, ed il sig. Enrico Bukowski, defunto vice-presidente del Consiglio d’amministrazione, i cui doni basterebbero da per se soli a formare un intero Museo.
Per ben venticinque anni, il sig. Bukowski, da Stoccolma ove risiedeva, non cessò di arricchire il Museo, a cui donò varie raccolte complete di medaglie, di cammei, di monete ed una serie di ritratti dei Re di Polonia; alcuni di essi sono veramente splendidi e di un valore artistico inestimabile, quali il ritratto di Ladislao IV Wasa, dipinto da Rubens.
Tutto si riunì qui ad attestare la vitalità rigogliosa e l’esistenza del genio polacco!
Pervennero pure offerte in denaro da principi e da privati; ricorderò fra tutte l’elargizione di L. 1000 che Napoleone III inviò dall’esilio di Chislehurst, e non credo sia stata l’unica offerta sovrana pervenuta al Museo.
I’illustre conte Plater chiuse la sua nobile ed operosa esistenza nel 1889 (se ne vede la tomba in uno dei cortili del castello), lasciando, per le soverchie spese, le finanze del Museo in uno stato commiserevole: tosto un gruppo di Polacchi stabiliti a New-York, dietro iniziativa d’un ricco industriale di là, loro compatriotta, il sig. Jerzmanowski, apersero una sottoscrizione che fruttò in breve sette mila lire, e ne rialzò alquanto la vacillante fortuna.
Da oltre vent’anni, malgrado questa piccola crisi, esso non cessò di prosperare e di arricchirsi di nuovi e notevoli doni, e nel 1895, grazie allo zelo instancabile del sig. conte Alessandro Brochocki-Sczawinski, uno degli amministratori, ed ai buoni uffici del maestro Verdi, il Museo ebbe in dono dalla nobile famiglia Morosini, il cuore di Kosciuszko – conservato religiosamente per ben 70 anni nella cappella gentilizia di Vezia, presso Lugano – che l’Eroe stesso lasciò per testamento alla figlioccia Emilia di Zeltner, di Soleure, sposata di poi al conte Morosini. (Essa fu madre esemplare a Emilio Morosini caduto gloriosamente alla difesa di Roma nel 1849).
Fu il 15 ottobre 1895 – il giorno anniversario (1817) della morte dell’eroe – che le contesse Morosini, figlie di Emilia de Zeltner, consegnarono solennemente il cuore al conte Brochocki, delegato del Museo Polacco, ed alla presenza del maestro Arrigo Boito (figlio d’una contessa Radolinska, d’illustre famiglia polacca) e di altre notabilità italiane, polacche e svizzere. (Transitando per Vezia nel luglio del 1903, insieme all’amico Angelo Cappelli, visitai la Cappella mortuaria Morosini, ove lessi la seguente iscrizione, dettata dall’illustre Arrigo Boito, posta sul loculo già occupato dall’urna contenente il cuore dell’Eroe:
QUI TROVò PACE E CUSTODIA DEVOTA
IL CUORE DI TADDEO KOSCIUSZKO
SINO AL 15 OTTOBRE 1895,
GIORNO IN CUI LE SORELLE MOROSINI
FIGLIE DELLA CONTESSA EMILIA NATA ZELTNER,
CONCESSERò LA GLORIOSA RELIQUIA
AL MUSEO NAZIONALE POLACCO DI RAPPERSWYL
PER FARNE PERENNE VENERAZIONE)
il giorno appresso, la preziosa reliquia venne trasportata al castello di Rapperswyl, ed il 17 seguente ebbe luogo, con grande pompa, la cerimonia ufficiale. Da tutte le parti d’Europa, numerosissimi erano accorsi i Polacchi a rendere omaggio alla memoria del grande Dittatore. Di forestieri, rammento il conte G.A. Negroni Prato Morosini, il maestro Arrigo Boito, monsignor Alfredo Peri Morosini (ora vescovo di Lugano), il conte Enrico Dandolo, morto recentemente, don Eugenio Beretta, sindaco di Vezia, il co. cav. Gustavo di Jaraczewski, aiutante di campo di S. M. il Re Umberto I, i conti Casati di Milano, ecc.
Il cuore dell’eroe venne trasportato nella cappella del castello dalle signore Galezowska, Sokolowska e Laskowska, e deposto quivi su di un ricco catafalco adorno di stendardi e bandiere dai colori polacchi, bianco e amaranto. Dette tre messe basse, i presenti intonarono l’inno nazionale polacco, «Jeszcze Polska nie sginela póki my zyjemy!» (La Polonia non è ancor morta finché noi vivremo). Indi pronunciarono parole di circostanza il colonnello Galezowski ed il conte G.A. Negroni, magnificando le virtù ed il valore del generale Kosciuszko, dopo di che la cerimonia ebbe termine. Mediante pubblica sottoscrizione si eresse grandioso mausoleo, nel cui mezzo venne collocata una urna funebre in bronzo racchiudente il cuore dell’Eroe. Essa è opera pregevole dell’esimio scultore W. Trojanowski di Parigi.
Nell’interno del castello le sale del Museo sono assai vaste e riccamente decorate di stucchi ed affreschi: portano quasi tutti nomi di grandi uomini celebri, nei fasti della storia della Polonia.
Vi è la sala Mickiewicz con il ritratto dell’illustre poeta-filosofo, dipinto da Horovicz; la sala Copernico con la statua del celebre astronomo, opera dello scultore Vittore Brodzki* (Autore pure del busto a Mickiewicz esistente in Campidoglio a Roma), la sala Kosciuszko con innumerevoli ricordi del dittatore. Vicina a questa, vi è la Galleria degli stranieri, ove sono diposti in bell’ordine i molteplici doni di italiani, francesi, inglesi, ecc., e la galleria delle bandiere, le cui pareti sono letteralmente ricoperte di orifiamme, stendardi e stemmi di tutte le città e provincie della Polonia.
Nel cortile maggiore trovasi una bella colonna in marmo nero sormontata dall’aquila bianca di Polonia, sul piedestallo della quale un’iscrizione in quattro lingue, francese, tedesco, polacco e latino, ricorda ai visitatori le glorie e le sventure di questa cenerentola delle nazioni, che il mirabile genio di Enrico Sienkiewicz ha ora portata di moda; ai lati dell’ingresso principale del castello sonvi i busti della regina Edwige e di Casimiro il Grande.
Le collezioni del Museo formano un insieme approssimativo di 1500 ricordi e oggetti diversi; 5500 fra medaglie e monete; 510 sculture; 300 quadri; 286 acquarelli; 200 miniature, 1000 disegni; 18.000 incisioni; 7500 fotografie, 1000 pezzi di musica; 600 manoscritti; 46.000 tra volumi e opuscoli, preziosissimi per la storia dell’emigrazione e della Polonia in genere; vi si trovano edizioni rarissime di grande pregio.
In complesso una miniera inesauribile per gli studiosi della storia, della letteratura, dell’arte, della vita polacca. Nello scorso anno i visitatori furono circa 5000, per la maggiore parte polacchi, svizzeri, italiani, inglesi e tedeschi.
Annessa al Museo, è la fondazione del conte Ostrowski – il rinomato autore di Larmes d’exil – che distribuisce annualmente circa L. 14 mila in borse di studio, a giovani polacchi, figli di emigrati, privi di mezzi di fortuna.
Si può ben affermare oggi, che il Museo Nazionale Polacco di Rapperswyl, benché poco conosciuto – è uno dei più interessanti d’Europa, e va prendendo di anno in anno uno sviluppo sempre maggiore, arricchendosi continuamente, grazie allo zelo ed all’attività del Consiglio d’amministrazione, presieduto dal col. G. Galezowski, coadiuvato dal prof. W. Gasztowtt e dal nobile Rozycki de Rosenverth, quest’ultimo intelligente ed appassionato coordinatore delle raccolte del Museo.
ORESTE FERD. TENCAJOLI
Per saperne di più vedi il sito del Museo www.polenmuseum.ch